STASERA CON ParlaMente 18 luglio 2014

martedì 5 agosto 2014

La fine di Gramsci non arriverà





Chi esulta perché l'Unità ha chiuso i battenti mi sembra simile a quei parenti che brindano sulla tomba del vecchio zio per l'eredità ricevuta: ben poco elegante e del tutto irrispettoso. E potete pure star sicuri che sono tanti. Non pensano al personale e ai giornalisti, che dovranno fare i conti con un mercato del lavoro asfittico. Ma, cosa più grave di tutte, non capiscono che perdendo l'Unità diciamo addio anche ad un pezzo della nostra storia. Se ne va una parte di ciò che ci ha lasciato Antonio Gramsci, una porzione considerevole della memoria italiana. Le leggi di un mercato selvaggio che sta uccidendo la nostra cultura e gli errori di gestione hanno fatto la loro parte, ma non bisogna trascurare l'antigiornalismo.


Che cos'è? Si tratta del preoccupante atteggiamento dell'italiano medio di fronte alle testate di stampa. In parole povere, come l'antipolitica, è il classico qualunquismo di chi vuole distruggere tutto. Sui social network possiamo assistere ogni giorno a randellate digitali contro i “media corrotti”. Prendendo ad esempio proprio il caso de l'Unità, i moralizzatori del “ben vi sta” si sono scagliati contro la faziosità del giornale, sottolineando come a loro avviso lo storico fondatore si stia rivoltando nella tomba e quanto forte sia l'asservimento della linea editoriale al Pd. Che, per inciso, è genealogicamente erede anche del Pci. A questo proposito è bene ricordare che in Italia il giornalismo moderno nasce con la lotta politica, dunque è impregnato di una vocazione critica che ci accompagna ancora oggi. Ciò non toglie che distinguere i fatti dalle opinioni sia una cosa, mentre ben altro è manipolare la realtà per disinformare.


Adesso, egregi improvvisati critici del giornalismo italiano, non vi pare un tantino eccessivo ritenere che tutta la stampa italiana sia corrotta? Ma soprattutto, non è segno di estrema ignoranza esultare quando un giornale chiude? Non c'entra nulla il fatto di essere in disaccordo con la linea politica della testata: tutti sanno che l'Unità era l'organo di stampa del Pci. Inoltre, se il motivo della vostra insoddisfazione fosse questo, vi pregherei di riconsiderare un attimo la vostra idea di democrazia. Gli ultimi a darsi da fare per eliminare dalla circolazione i giornali che non la pensavano come loro erano i fascisti, e la fine che fece la sede dell'Avanti!nel 1919 - incendiata e devastata - dovrebbe essere un monito ancora oggi. Dovrebbe.


Il motivo di tanto accanimento contro la stampa è quello comune ad ogni forma d'intolleranza. Insoddisfazione e disinformazione, con una bella dose di populismo. Senza dubbio la rovina della classe giornalistica è la prostituzione intellettuale, ma questo non basta a marchiare un'intera categoria di lavoratori come pennivendoli: è un insulto verso chi svolge onestamente il proprio dovere. Inoltre invocare la chiusura dei giornali per i motivi più disparati (compresi i tanto odiati finanziamenti pubblici) è il paradosso di chi, pur di non essere disinformato, preferisce non informarsi. Il web non è una scusante. Se da un lato Internet ci ha dato la grande possibilità di ottenere notizie gratuitamente, immediatamente e comparando diverse fonti, dall'altro bisogna saperlo usare con consapevolezza ed evitando di abboccare allo scoop complottista del momento o a clamorose bufale. Una capacità che gli italiani non hanno ancora acquisito: fatevi un giro su Facebook per averne le prove.

Per questo motivo abbiamo bisogno del web, altrimenti non esisterebbe nemmeno questo angolo di blogosfera dedicato all'informazione corretta, ma non possiamo rinunciare ai professionisti della stampa. Ritengo che l'attuale crisi dell'editoria sia solo una transizione verso l'integrazione multimediale. Forse domani ci sarà meno carta in circolazione, i giornali guadagneranno con la pubblicità online e – perché no – potranno anche diventare organizzatori di eventi, possedere canali televisivi e pubblicare inchieste in forma di pamphlet e saggi da acquistare in libreria. Qualcuno ci sta timidamente provando. I mezzi non mancano, bastano creatività e voglia di scommettersi. Quanto a l'Unità, non smettiamo di crederci: fino ad ora è sempre riuscita a tornare tra noi. La fine di Gramsci non arriverà.

Samuel Boscarello per ParlaMente

domenica 3 agosto 2014

Cospirazionismo in salsa cattolica: le lobby gay

In cerca di nemici, a caccia di complotti. Dopo i satanisti, gli evoluzionisti, le orde pluto giudaico massoniche e i comunisti, una nuova minaccia per la Chiesa: il potere gay.

Peccato che nel caso dell'insegnante di Trento nessuno abbia tirato fuori la storia della "lobby gay". Non è ironia: speravo davvero che qualcuno dell'orbita cattolica cominciasse a stracciarsi le vesti e gridare all'oscuro complotto, giusto per conoscere le relative argomentazioni di fronte ad un caso che dimostra quanto sia potente invece l'influenza della religione nell'Italia laica (anche se solo per la Costituzione). Ma si vede che la tentazione di giocare con gli assi nascosti nelle maniche è troppo forte. La storia della lobby, resa nota al mondo da papa Francesco per indicare un gruppo di vescovi omosessuali che ostacolano le riforme nella Chiesa, è diventata un modo per indicare ogni mezzo di contrasto alla discriminazione ecclesiastica verso il "sessualmente diverso". Un feticcio nefasto contro cui scagliarsi con tutte le forze, come le fantomatiche trame giudaiche ai tempi di Hitler o la demonizzazione del nemico durante la Guerra fredda. Ogni volta che si affronta il fatidico argomento, basta pronunciare le due parole d'ordine ed ecco che la schiera di paladini della famiglia tradizionale si riempie.

Si tratta dell'Armata CoCa, che non è una holding di imprenditori impegnati nel settore delle bibite gassate e neanche un cartello della mafia colombiana. CoCa sta per "Cospirazionisti Cattolici", un caso che dovrebbe essere studiato da sociologi e psichiatri, i primi per l'analisi e la descrizione del fenomeno, i secondi per la diagnosi e la cura. I CoCa sono alla perenne ricerca di nemici della dottrina di fede. In passato lottavano contro gli evoluzionisti, gli adoratori del demonio e i comunisti (categorie umane che buona parte delle volte si trovavano a coincidere), oggi hanno trovato nella lobby gay una nuova ed entusiasmante sfida. Peccato però che la terribile minaccia sia del tutto artificiale: il peggio è che gli opinion leader dell'area fondamentalista cristiana ne sono consapevoli. Il vero problema consiste nel fatto che i loro discorsi infuocati influenzano chiunque dia loro ascolto. La conseguenza è che l'esistenza della lobby gay viene accolta come una verità assoluta e non importa se i già citati opinionisti siano del tutto in malafede. 

Infatti la storiella viene tirata fuori quando fa comodo, specialmente in ambito politico. Scalfarotto a causa della sua legge, l'Unar per colpa degli opuscoli educativi contro l'omofobia e i sostenitori della laicità statale sono complici e fanno parte della congiura mondiale. Chissà chi è il grande burattinaio dietro tutto ciò. I vertici dei movimenti lgbt? Leader mondiali segretamente omosessuali? La famigerata cricca vaticana? Si attendono risposte. Ma chissà per quale motivo, non si fa mai riferimento all'onnipotenza del Movimento arcobaleno quando un'insegnante viene licenziata perché lesbica, o peggio mentre in Uganda l'ergastolo per i gay ha il beneplacito della Chiesa e la Russia chiude gli occhi di fronte alle violenze omofobe di Occupy Pedophilia. Probabilmente in tutti questi casi la lobby era troppo impegnata a tramare contro il papa per accorgersene. 

Oppure semplicemente i tempi stanno per cambiare. L'Italia si sta finalmente svegliando dal clericalismo che l'ha governata da sempre, complice l'infelice posizione geografica della curia papale. Il pensiero comincia a distaccarsi dall'autorità religiosa che ha regnato sovrana grazie all'ignoranza e alle elargizioni, per aprire una strada in direzione di una società libera. Non serviranno a nulla le campagne della stampa cattolica e gli slogan della Manif pour tous: proprio loro che parlano di legge naturale, dovrebbero sapere che per natura il progresso vince sempre. Prima o poi capiranno che l'amore non è una lobby. 

Samuel Boscarello per Cronache Laiche

Immigrazione: una proposta per Salvini

Accoglienza o respingimento? Ogni giorno barconi carichi di migranti toccano le nostre coste e di conseguenza rimangono molto a lungo in situazioni estremamente precarie, per colpa di molti fattori. Proprio per questo è troppo superficiale puntare il dito soltanto contro il governo o l'Unione Europea, quando in realtà i flussi migratori dai paesi sottosviluppati sono il logico prodotto di un intero sistema malato. Salvini, ma non solo, propone di reinvestire il denaro che oggi spendiamo per l'accoglienza utilizzandolo invece per “aiutarli in casa loro”. Cosa vuol dire tutto ciò? Consideriamo che i flussi principali provengono da Tunisia, Eritrea, Somalia, Gambia, Mali, Nigeria, Senegal, Pakistan e Libia. Questa gente non fugge dalla disoccupazione giovanile o dagli scarsi investimenti sull'università. In effetti, ad averle le università in quei paesi. I tragici problemi da affrontare sono mancanza di democrazia, sfruttamento da parte delle multinazionali, inefficienza delle istituzioni statali ed enormi squilibri nella distribuzione della ricchezza. Dover fronteggiare tutte queste questioni in un solo paese sarebbe già un'impresa titanica, figurarsi dover cercare di cambiare da soli nove stati! In che modo, poi? Davvero credete che sia possibile limitarsi a spedire qualche milione di dollari in uno stato dell'Africa equatoriale per risolvere ogni cosa?

Dunque a prima vista sembrerebbe più ragionevole puntare sull'accoglienza. Ma così facendo ci limitiamo a curare un sintomo, non la malattia. Il problema è che il sud del mondo è malato di globalizzazione. Nel secolo scorso il sistema capitalistico è diventato ancora più spregiudicato, espandendosi in modo abnorme ed inglobando al suo interno anche quelle zone del mondo che avevano appena conquistato l'indipendenza. Alle multinazionali e ai signori della guerra conviene che l'Africa e il Medio Oriente si trovino nella situazione attuale, perché un africano che lavora senza diritti e garanzie per una misera paga è decisamente più conveniente di un operaio occidentale tutelato dalle norme sindacali, che ha bisogno di molto più denaro per mantenersi. Così alla stabilità e al benessere della civiltà euro-americana si oppone la povertà estrema di quella africana, mediorientale ed in parte asiatica. La logica conseguenza sono le migrazioni. Adesso, possiamo fare due scelte diverse. È possibile accettare il selvaggio imperialismo economico, grazie al quale il petrolio libico alimenterà le nostre auto, l'oro ghanese scintillerà nelle gioiellerie e il titanio del Kenya verrà lavorato nelle nostre fabbriche. Chi se ne importa se 25 stati africani in questo momento sono coinvolti in conflitti armati, tanto sono poveri che ammazzano altri poveri. Cosa cambia se in Africa due bambini su cinque sono affetti da malnutrizione, colpa loro se non usano i contraccettivi. Che differenza fa se in Pakistan quasi la metà della popolazione è analfabeta, in Afghanistan addirittura il 62%, colpa dei loro governi che non puntano sull'istruzione. Possiamo anche chiudere gli occhi davanti a tutto ciò, ma siamo obbligati ad accoglierne le conseguenze. Oppure possiamo rifiutare tutto questo e ricostruire un mondo nuovo tramite la cooperazione internazionale. Dobbiamo agire sostenendo le forze democratiche, la diplomazia come mezzo di risoluzione dei conflitti, ma soprattutto bisogna rendere il Terzo Mondo economicamente indipendente.

In che modo? Il Fondo Monetario Internazionale ha la facoltà di cedere grosse somme di denaro alla condizione che i paesi riceventi rispettino alcune linee economiche dettate dal Fondo. Il problema è che oggi il peso di ciascun paese nelle decisioni prese all'interno dell'Fmi è proporzionale alla quantità di denaro che ogni stato mette a disposizione della cassa comune. Il paese che contribuisce di più sono gli Stati Uniti, ma non molto lontano troviamo Germania, Francia, Gran Bretagna e Italia. Ebbene, se i paesi europei decidono di far fronte comune e puntare molto di più sul Fondo Monetario Internazionale possono influenzarne le scelte e stilare un progetto di crescita economica efficace, un Piano Marshall del Terzo Mondo. Quindi, la risposta alla nostra domanda iniziale non è semplicemente “accogliamoli in casa nostra” o “aiutiamoli in casa loro”. La cooperazione internazionale è un metodo infallibile e pacifico, ma le cose non cambieranno dall'oggi al domani. Nel frattempo i flussi migratori, caro Salvini, continueranno. Quindi dobbiamo integrare le due soluzioni. A breve termine l'accoglienza, e l'Europa ci aiuti perché ne abbiamo bisogno, a lungo termine la cooperazione. Se Salvini non capisce tutto ciò, allora i leghisti hanno un leader molto ingenuo. Se invece ne è cosciente, ancora peggio: vuol dire che è in malafede.


Samuel Boscarello per ParlaMente