STASERA CON ParlaMente 18 luglio 2014

giovedì 26 settembre 2013

Quel “gap” tra moda e ossessione

Il Thigh-Gap non è un numero da calcio freestyle, né un cantone della nota città provenzale. In realtà dalle parti delle Hautes-Alpes lo chiamano “espace entres le cuisses”, mentre in Italia si tende come sempre ad assimilare il termine anglofono. Si tratta di una moda diffusasi come un virus, web e televisione le vie di diffusione. Ma stavolta non ci troviamo di fronte ad una semplice tendenza, le cui conseguenze si limitano ad un rinnovo repentino degli scaffali dei negozi e a qualche capriccio di troppo. Il Thigh-Gap rischia di diventare uno stile di vita, un obiettivo da raggiungere a costo di sacrificare la propria salute in nome di quel “varco tra le cosce” che rappresenta un nuovo canone di bellezza femminile. Niente più novanta-sessanta-novanta, i centimetri che contano sono quelli che separano una gamba dall’altra. Nessun punto di contatto al di sopra dei piedi, nemmeno dove sarebbe più naturale, vale a dire all’altezza delle ginocchia.
Su Internet compaiono i trucchi più disparati per ottenere quel tanto sospirato varco, dalle solite diete miracolose a rimedi drastici come bere litri di acqua al giorno per non sentire i morsi della fame. Così il piccolo spazio diventa una porta di servizio per l’anoressia, passando attraverso un’ossessione verso quello che fino a pochi anni fa era considerato alla stregua di un difetto da correggere. Vallo a spiegare alle aspiranti modelle che si tratta perlopiù di una questione di morfologia, dovuta ad un bacino più largo e non ad una formula segreta che le cultrici del Thigh-Gap ricercano come se fosse il Sacro Graal. Ma non si tratta solo di una debilitante sfida con sé stesse, in quanto il terreno della competizione sono i social network. Le armi, fotografie di gambe tese e magre come arbusti secchi che vengono sfoderate. Inutile dire che maggiore è la porzione di sfondo che si riesce a scorgere tra le cosce, meglio è. L’elemento inquietante è la grande influenza da parte dell’opinione mediatica che le “addicter” subiscono, quella mistificazione della bellezza genuina quanto una sagoma di cartone.
Forse la vera ossessione è quella di dare un’unità di misura ad ogni cosa, in un mondo in cui persino l’intelligenza e gli applausi sono definiti con matematica precisione da psicologi e showman. Ma assegnare un numero all’armonia fisica è impossibile: sarà per questo che la ricerca di nuovi modelli da imitare ci perseguita dai tempi di Fidia, inducendoci a trovare forme sempre più lontane dalla realtà rappresentate da taglie scheletriche e tacche nere su un metro da sartoria. La grazia è la luce del sole riflessa dalle iridi degli occhi in un giorno d’agosto, il lieve rossore che colora le guance pallide al calore di un camino nelle notti invernali. La bellezza è un gioco di colori, odori e sensazioni; non una equazione tra centimetri, litri d’acqua e chilogrammi su una bilancia. Perché la gioia si sprigiona nell’atto dell’abbracciare e nel contatto con la pelle morbida, non stringendo a sé un mucchio d’ossa su cui è stato gettato un telo grinzoso color carne. Difficile da capire, quando il massimo del coraggio anticonformista consiste nell’aforisma La curva più bella di una donna è il suo sorriso, ripetuto a tal punto da diventare profondo quanto una televendita di bigiotteria. Lasciate perdere, adoratrici di Claudia Schiffer, la ricerca della perfezione plastica. Non la troverete tra le mani di un chirurgo, né nel riflesso di uno specchio. Cercatela piuttosto in un neo, una cicatrice sulla pelle o un dente non allineato. Lo sanno bene i numismatici, che la moneta recante un’imperfezione vale mille volte l’immacolato originale. La vera bellezza, quella dell’anima, non va in passerella.
Samuel Boscarello per cogitoetvolo.it

venerdì 20 settembre 2013

Il paradosso italiano

Mentre in Italia ogni giorno ci vengono propinati dilemmi di vitale importanza come la decadenza di Berlusconi (con tanto di videomessaggio da parte del pregiudicato) e il Congresso del Pd, nel silenzio dei media prosegue in Grecia la protesta di migliaia di lavoratori pubblici. Migliaia di dipendenti statali ed insegnanti si sono uniti ai cortei contro l'austerità che sta svenando il paese, mentre si susseguono scioperi da parte di ogni fascia di lavoratori.

Alle proteste per l'aggravarsi della situazione economica in una nazione in cui un cittadino su quattro è disoccupato, si aggiunge lo sdegno per l'omicidio di un cantante di sinistra, conosciuto come Killah P, da parte di un militante del partito di estrema destra Alba Dorata. Nel frattempo qui è più importante ascoltare i beceri spot elettorali di un condannato e le ideologie omofobe e discriminatorie dell'estrema destra vengono graziate dal subemendamento Gitti: questo è il paradosso italiano.

giovedì 12 settembre 2013

Vogliamo la verità sull'11 settembre


Dodici anni. Tanto è passato da quell'11 settembre 2001 che tutti quanti ricordiamo, soprattutto in questo periodo. Allora avevo cinque anni, e quando vidi le immagini trasmesse dalle televisioni capii per la prima volta nella mia vita che è possibile sacrificare migliaia di vite umane per scopo ben preciso. Quando si è bambini è facile dire chi siano i buoni e chi i cattivi, d'altronde di fronte a tragedie del genere tutti tornano ad essere un po' bambini, così in quel momento tutto sembrò limpido come il sole. Tralasciando il popolo, che è sempre la vera vittima di questi atti, i buoni erano gli Stati Uniti. I cattivi i talebani, questa entità quasi surreale.

Tuttavia oggi non possiamo sostenere ciò con la stessa sicurezza. Abbiamo bisogno di spiegazioni. Ci spieghino perché dal punto di vista militare l'11 settembre è stato un pretesto per invadere l'Afghanistan, che tra l'altro aveva anche condannato la strage. Ci spieghino anche qual è il vero legame che unisce George W. Bush e la famiglia Bin Laden sin dai tempi della Arbusto Energy, la società petrolifera di Bush. Già che ci siamo, ci spieghino anche cosa ci sta dietro quei due misteriosi incidenti aerei in cui persero la vita, diversi anni prima dell'attacco alle Twin Towers, prima il padre di Osama Bin Laden, poi il fratellastro. E infine ci spieghino qual è il reale movente della strage. Non è possibile uccidere in questo modo solo per la religione o l'ideologia. Anche le Crociate vennero combattute "per la religione" e sappiamo tutti quanti com'è andata.


Vorrei concludere con una frase di David Letterman, conduttore televisivo in questo bellissimo paese, gli Stati Uniti d'America, deturpato dalle smanie di onnipotenza dei governanti. "Dovessimo anche vivere per altri mille anni, riusciremmo mai a trovarci un senso?". A voi la risposta.

venerdì 6 settembre 2013

CreepyCasta, Tutto il peggio della classe politica: Episodio 1- Effetto B.

Questo è CreepyCasta, il nuovo programma che ogni mese ci condurrà attraverso il peggio di ciò che combinano i politici, pagati profumatamente da noi cittadini. Agosto è stato un mese di ferie, ma nonostante ciò i nostri parlamentari si sono dati da fare per fornirci tanto materiale. I due personaggi del mese: Silvio Berlusconi e Laura Boldrini.

Le CreepyCasta di questo episodio:

English is an optional: 1:22

Pannella montata: 1:54

Il dilemma della Bindi: 2:48

Ordini dall'alto: 3:23

Grillini & Boldrini: 4:43

"Magnateve tutto!": 7:24


martedì 3 settembre 2013

Cari teppisti, il calcio non è vostro!

Quasi stentavamo a crederci. Campioni che tornano in Italia, tifosi entusiasti e due giornate di campionato trascinanti, l'ultima delle quali ci ha regalato ben 43 gol. Persino gli stadi cominciavano a riempirsi, e la turbolenta estate passata tra scivoloni internazionali ed insulti razzisti sembrava lontana. Ma invece no, ecco che un manipolo di ragazzotti decide di rovinare tutto. Roma-Verona doveva essere una partita poetica tra la città di Catullo e quella (spirituale, s'intende) di Shakespeare, ma non c'è spazio per Lesbia, né per Romeo e Giulietta. Piuttosto, sembra di assistere ad una versione delirante del duello tra Tebaldo e Mercuzio. Prima della gara i tafferugli, le cariche della polizia sotto la Curva Nord e le bombe carta trovate addosso a uno degli allegri compari. Otto steward contusi e un supporter veronese denunciato per aggressione, ma il peggio si verifica dopo la partita. Si parla di “cani sciolti”, pseudo-sostenitori giallorossi che prendono a sprangate e sassate il pullman della squadra di Mandorlini.

Tutto ciò non ha nulla a che fare con il calcio. Non avrebbe alcun senso, dopo una netta vittoria per 3-0 e il primato in classifica, dunque smettiamola di chiamarli “tifosi”. Sono solamente teppisti di periferia che traggono forza dal gruppo, sanno come fare chiasso e sono soprattutto coscienti di cavarsela con poco. Daspo, tessera del tifoso e Away Card sono inutili, quando non addirittura controproducenti. A questo proposito è utile ricordare la proposta avanzata dal giornalista Beppe Severgnini qualche anno fa: lavori socialmente utili per i vandali da stadio e sorveglianza di responsabilità delle società. Se si resta ciechi e sordi di fronte ad un problema che da troppi anni si ripete, allora non bisogna meravigliarsi delle famiglie in via d'estinzione nell'habitat degli stadi, né degli spalti vuoti. Il calcio che conosco io è Giuseppe Rossi che rinasce in viola e segna una doppietta al Genoa, i tifosi romanisti (quelli veri) che ridono come bambini vedendo una squadra finalmente vincente con Garcia alla guida. Ma uno speciale plauso va ai milanisti, a secco di grandi arrivi e costretti ad incassare anche l'addio di Boateng. La gioia della piazza non è diretta al marziano Gomez o al venusiano Tevez, bensì a Ricardo Kakà. Trentun anni, scartato da Mourinho, giudicato “bollito” dalla tifoseria madridista. Una meteora che si schianta sulla Luna, al massimo. Torna per riconquistare ciò che ha perduto, in campo e fuori, e ha tutto l'affetto del pubblico. Perché, chi lo direbbe, a volte il Diavolo è più sentimentale di quanto sembri. Aspettiamo di divertirci al derby con i due Ricky, perché questo è il calcio che vogliamo.

Samuel Boscarello per ilcalcio24.it

lunedì 2 settembre 2013

Perché dire no all'intervento militare in Siria

Sappiamo tutti quali sono gli interessi degli Stati Uniti in questo conflitto, sappiamo che non si tratterà di una guerra lampo, come vogliono farci credere. Sappiamo anche che Obama, Premio Nobel per la Pace che vuole la guerra, non si ritirerà finché non avrà posseduto anche questo stato nello scacchiere mediorientale. Loro ci chiederanno di utilizzare le basi sul nostro territorio, di intervenire al loro fianco. Ecco, noi ci siamo sempre inchinati agli Usa grazie ai nostri grandi politici, per l'ultima volta in ordine di tempo con il Muos di Niscemi. Quindi da cittadino chiedo di non renderci ancora più ridicoli agli occhi del mondo. L'Italia è uno stato che ripudia la guerra, noi ripudiamo la guerra! Per cui io non voglio che la mia nazione vada a esportare la democrazia in forma di missili in un'altra parte del mondo, a provocare perdite tra i militari e tra i civili.

Se anche tu sei d'accordo, rendi virale questo video: realizza il tuo messaggio, intitolalo come questo cambiando il mio nome con il tuo, e diffondilo sul web. Insomma: scateniamo l'inferno. Chissà, magari qualcosa potrebbe cambiare.